venerdì 25 aprile 2008

Perché questo giorno non sarà mai una festa.

Perché questo giorno non sarà mai una festa
di MARCELLO VENEZIANI (tratto da Libero)

Sarà una festa più rabbiosa e insieme più depressa, quella del 25 aprile di quest'anno, perché confluiscono tre fattori politici: la svolta elettorale di dieci giorni fa con il nascente governo di centro-destra; la rabbia della sinistra radicale esclusa dal Parlamento, che cerca rivincite di piazza; l'uso elettorale del 25 aprile all'antivigilia dei ballottaggi, a cominciare da quello romano. Comprensibile dunque la reazione infastidita di tanti. (...) Ma sarebbe un errore liquidare il 25 aprile; meglio attenersi al civilissimo e cavouriano motto "libera festa in libero stato". E lasciare che la festa cominci e finisca; ma secondo natura, senza forzarne né la sua celebrazione né la sua estinzione. È una festa che va declinando, come è naturale, dopo 63 anni e la crescita dell'oblio. Lasciate che segua la sua parabola, senza affrettare il decesso o felicitarsi del medesimo. Finché c'è gente che vuol celebrare il 25 aprile in rosso, faccia pure. Lo dice uno che ama la libertà ma non la liberazione, se non nel senso religioso, anche indù e buddista. Perché la libertà è un'esigenza della dignità umana, del corpo, dell'anima e della mente; la liberazione sul piano civile è invece un disfarsi, un liberarsi da, a volte perfino un recidere, uno scaricarsi da compiti e responsabilità, da legami e impegni, memorie e fedeltà. Ma nel caso specifico della Resistenza lasciate che io riassuma perché continua a suscitare una memoria divisa e non condivisa. Innanzitutto per il suo uso politico e settario di una festa contro una parte d'Italia; una parte viva e cospicua, e non solo quella morta o fascista. Se continuano a usare la Resistenza contro qualcuno, da Berlusconi ad Alemanno o Pansa, non sarà mai la festa di tutti gli italiani. In secondo luogo perché mezza resistenza e anche più non fu combattuta nel nome della libertà contro la dittatura, ma per costruire un'altra dittatura più feroce e più totalitaria di quella che si voleva abbattere. Tanti furono i partigiani comunisti e anche non pochi partigiani azionisti, che sognavano una dittatura sovietica in Italia o una dittatura giacobina della Virtù, eticopedagogica, per raddrizzare l'Italia e gli italiani; per instaurare la dittatura del proletariato o degli intellettuali, con un Partito Despota. Una guerra civile di cui vergognarsi
In terzo luogo la festa del 25 aprile non sarà mai una festa condivisa fino a che si rimuoverà il suo lato oscuro e criminale, messo in luce per ultimo da Pansa, circa le stragi e le bestialità commesse a guerra finita. Quando si dirà nelle sedi storiche e divulgative, a scuola e in tv, al municipio e in Parlamento, davanti al monumento dei caduti e nei messaggi ufficiali, che c'è stata anche una guerra civile di cui vergognarsi, i cui crimini non furono solo quelli commessi dai nazisti col concorso dei fascisti ma anche quelli dei partigiani, allora potremo finalmente avere una resistenza condivisa nella memoria di tutti gli italiani. Per la stessa ragione si dovrà esplicitamente ricordare che la Resistenza da sola non avrebbe sconfitto il "nazi-fascismo". Gli alleati debellarono l'Italia dai nazisti e dal fascismo. La resistenza ha dato un supplemento simbolico e un supporto significativo ma secondario e minoritario alle forze alleate. Liberiamoci dall'ipocrisia di dire che il popolo italiano sia insorto e si sia liberato dall'oppressore. Non è vero. Il popolo non insorse: la grande maggioranza degli italiani, per paura o per buon senso, restò inerte nella zona grigia tra il fascismo di Salò e l'antifascismo della resistenza. Così come onestà vuole che si riconosca il consenso largo, spontaneo e vero che il fascismo ebbe fino al '38 e che andò via via decrescendo da allora in poi. L'avversione dilagò solo a guerra perduta. Se non lo riconoscete, lascerete la Resistenza fuori della storia e dall'Italia, dentro la retorica e la simulazione, come l'unica nostra festa civile. Una pacificazione mai completata

Infine, sarà necessario dire che tanto fu odioso e inaccettabile un regime che privò della libertà, usò la violenza e represse con la forza il dissenso, firmò sciagurate leggi razziali, strinse sciagurate alleanze con i nazisti e si lasciò trascinare in una disastrosa guerra, quanto furono importanti e positive le opere di modernizzazione compiute in quegli anni, la coesione nazionale e la dignità italiana nel mondo, le importanti conquiste sul piano del lavoro, della scuola, della cultura, del diritto, dell'architettura, dell'urbanistica, del rapporto con la chiesa, e via dicendo (a proposito e ad esempio, sull'idea di intitolare l'università di Bari a Moro, lasciate che io ricordi una cosa che sanno in tanti ma dicono in pochi: per Bari e per la sua università, ha fatto molto più Araldo di Crollalanza che Aldo Moro (ndr Araldo di Crollalanza (Bari, 19 maggio 1892 – Roma, 18 gennaio 1986) è stato un giornalista e senatore italiano. Crollalanza fece carriera nelle file del Partito Nazionale Fascista diventando per un biennio (1926-1928) podestà della città di Bari e poi sottosegretario e ministro dei Lavori Pubblici fino al 1935. Sotto il suo dicastero fu avviata la bonifica dell'Agro Pontino. Nel dopoguerra per diverse legislature fu eletto senatore nelle liste del MSI.). Non è un giudizio ideologico, ma è semplice verità dei fatti). Quando queste cose diventeranno giudizio comune, espresso pure dalle istituzioni, dalla scuola e dalla tv di Stato, allora potrà dirsi realmente compiuta la pacificazione nazionale e potrà dirsi davvero di tutti la festa del 25 aprile. E potremo finalmente affiggere al muro della nostra casa comune il ritratto del fascismo e dell'anti fascismo, come di due antenati morti e sepolti nella guerra civile; ma antenati nostri entrambi, al di là del diverso giudizio su ambedue e della nostra preferenza per la libertà. Se non siete disposti a questo, lasciate che il 25 aprile resti, con tutto il rispetto, la festa di una memoria divisa, non condivisa; una festa di parte. Se dev'essere anche la festa dell'altra metà d'Italia, riconoscete anche l'altra metà dei fatti. Una prece per i fascisti e gli antifascisti.

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